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Molti critici hanno visto nella filmografia felliniana degli anni '70 un momento di ripensamento creativo, una stagione nuova, per certi aspetti difficile, che coincise con il risveglio in lui di incubi e angosciose presenze che sembravano essersi consumate all'ombra - o meglio alla luce - delle riflessioni psicanalitiche del decennio precedente. Questo nuovo percorso creativo venne inaugurato da "I clowns", progetto destinato alla televisione, e si chiuse con "La città delle donne; nel mezzo Roma, Amarcord, il Casanova e Prova d'orchestra, il film più politico del regista. Sei film caratterizzati da una struttura frammentaria, episodica, fatta di apparizioni enigmatiche, tormentate, talvolta mostruose, rivelazioni puntuali dell'aspetto magico della vita e che ricevevano nutrimento dall'inconscio del regista, dal suo passato e dai fantasmi di un futuro incerto. Il celebre regista riminese, all'alba dei 50 anni, iniziò un percorso volto a riflettere sui miti del suo passato, quelli che ne avevano caratterizzato l'infanzia, contribuendo, in un certo senso, alla creazione di quell'immaginario e di quella poetica diventati riconoscibili in tutto il mondo. Reduce dai successi del decennio d'oro del cinema italiano, dai grandi riconoscimenti, dai capolavori acclamati, Fellini sembra disorientato e incerto di fronte a un presente che sembra regalare più incognite che certezze.